UK / 2

Peculiari usanze

In Inghilterra sono andata molte volte e quindi credo di sapere più o meno come funziona il paese. Tuttavia ci son sempre delle cose che mi stupiscono.

  1. Altro che Shakespeare, il the delle cinque, la regina Elisabetta con il seguito, la rivoluzione industriale, il football o il cricket! L’Inghilterra è la patria delle borsette di plastica. Che dico? L’impero delle borsette di plastica! Te ne danno a manate, a quintali, ovunque, senza motivo e non c’è modo di disfarsene in alcun modo, anche riutilizzandole come sacchi della spazzatura. Cosi’ ti ritrovi con un due chili buoni di borsette inutili, che ti fissano nella tua cameretta e che ad un certo punto pensi si stiano aggreggando per soffocarti nel sonno. Non sapendo cosa farne, le usi per insacchettare qualunque cosa della tua valigia, come se due magliette a contatto con la spazzola ti potessero far venire l’ebola. Insomma, quando arrivi all’aeroporto e vedi gente che insacchetta la valigia con la pellicola ti chiedi se sia per sicurezza o perchè ha sentito una vocina nella testa che diceva: “Guarda che meraviglia! E’ come un’enorme borsetta! Comprala, comprala…
  2. I cocktail. Il concetto di apertitivo esiste ovunque, quello di QUANTO alcolico debba essere un po’ meno. Non c’è nulla senza rhum, vodka, brandy o comunque un superalcolico. Vino? Non pervenuto. Nella ridente cittadina in riva al mare dove abita mia sorella ci sono molti locali deputati all’aperitivo. Mia sorella viene a conoscenza di una promozione che dice, letteralmente, 2 4 1. Alla prima io, ovviamente, ho letto duecentoquarantuno. WP_20140729_001Comunque andiamo in questo locale dove non puoi entrare con le scarpe da ginnastica, a torso nudo o con il bikini. Poi vedi passare gente che in bikini sarebbe stata più vestita e meno volgare e ti domandi se il criterio di selezione funzioni davvero. SAM_0733Mia sorella, mentre sto sorseggiando il mio cocktail (vedi foto), afferma: “Ne prendiamo un altro?” Io resto perplessa e le faccio notare che sto ancora finendo il primo e che non ho mangiato niente perchè non ti danno manco una nocciolina. Allora argomenta: “Per recuperare il costo della tessera è meglio se beviamo due cocktail a testa.” Certo. Mi ubriaco per non perdere i soldi della tessera, poi cado dalle scale, mi rompo qualcosa e spendo milioni in operazioni, medicine e badante. Ha molto senso. Scherzi a parte ed eliminando l’incitazione all’alcolismo, aveva ragione lei. Nel senso che con tre cocktail inglesi annacquati noi ne avremmo fatto uno normale. Il che mi ricorda i cocktail spagnoli. Sempre con mia sorella prendiamo un cocktail, a Barcellona. [No, niente uomini nudi, che pare vada di moda: nudismo a Barcellona] Lei prende una vodka lemon. Il cameriere la prepara al tavolo: sciroppo, due cubetti (due di numero) di ghiaccio e comincia a versare vodka. Versa, versa, versa. Arriva a un centimetro dal bordo del bicchiere. Io e mia sorella siamo allibite. E quello: “Le lascio la bottiglia se ne vuole aggiungere“. Se ne voglio aggiungere?? Mi hai versato mezza bottiglia e ne dovrei aggiungere??
  3. Gente strana, che fa cose strane. Tipo quelli che camminano sull’acqua (vedi foto). SAM_0778Son tutti con la Sindrome di Gesù? Moltiplicate pani e pesci che c’è più bisogno! Mi son chiesta che gusto ci fosse a deambulare sull’acqua con una sorta di surf e una pagaia / pertica. Un po’ come se uno andasse al mare e si mettesse la cerata per non abbronzarsi o se andasse al cinema e si scegliesse una poltrona dietro una colonna o se si sedesse al ristorante e guardasse la gente mangiare. Cameriere: “Le porto qualcosa?” e lui: “No, grazie. Do’ solo un’occhiata!
  4. Le calze. Nella cultura mediterranea è impensabile uscire d’inverno come le inglesi: vestitino a bretellina e saldali. Con fuori meno 15°. Al sole. Anzi, sotto la nuvola. Noi popolazioni a sangue caldo, con clima mediterraneo (lasciate perdere quest’estate monsonica e atipica), guardiamo queste creature geneticamente mutate e capaci di resistere a temperature proibitive vestite con uno straccetto ma soprattutto SENZA calze. Capirete quindi il mio stupore quando ho visto la coinquilina di mia sorella con le calze e 30° fuori. All’ombra. Credo che alle inglesi non sia chiara la funzione delle calze.

RdC / 43 e la Teoria della Felpa con i Buchi

Non so se ve lo ricordiate, ma c’era stato un dubbio amletico (senza teschio pero’, che non è stagione) su cosa significasse dire a qualcuno che non è una felpa con i buchi (si veda RdC / 42). Dopo accurate ricerche e indagini approfondite scopro che la Teoria della Felpa con i Buchi esiste:

  1. Una fepa con i buchi non è una cosa vecchia o passata di moda, ma qualcosa a cui sei particolarmente affezionato/a;
  2. Una felpa con i buchi non è una cosa da buttar via perchè con lei hai passato molti bei momenti e il solo vederla te li fa ricordare;
  3. Una felpa con i buchi è quella che usi per stare in casa o come pigiama e che quindi ti accompagna prima di dormire o quando sei rilassato/a;
  4. Una felpa con i buchi è quella che ti conosce per come sei da tanto tempo. E ti apprezza ugualmente. Certo, non lo dà a vedere…

Insomma, essere una felpa con i buchi è un complimento. D’ora in poi, invece di dire al proprio partner “Sei bellissimo/a” oppure “Senza di te morirei” oppure “Vorrei stare con te per sempre” oppure “Sei la persona più importante della mia vita“, utilizzate anche voi l’espressione: “Sei la mia felpa con i buchi!“. Altro che tre metri sopra il cielo (e se non sei Scamarcio l’effetto non è lo stesso), altro che lucchetti con le iniziali (che sul ponte Milvio avranno anche un senso, ma sul ponte dell’Accademia a Venezia un po’ meno: lucchetti a Venezia), incisioni sugli alberi o sulle pietre (Orlando è impazzito, vedete voi, eh?), gomme da masticare o cerotti (ma cos’è? ma vi pare? I cerotti sotto il balcone di Giulietta a Verona? Ma dove siamo? Al Pronto Soccorso di coppia?) o graffiti sui muri! Di’ anche tu alla tua anima gemella che è una felpa con i buchi! Vedrai che successone! Chi di noi non vorrebbe essere associato ad una felpa tarlata, rovinata e magari rammendata? Ecco, nel mio caso preferirei che mi dicessero che sono un pigiama con gli orsetti. Ma son strana, si sa.

C’è tuttavia una seconda scuola di pensiero, secondo la quale affermare che uno/a NON è una felpa con i buchi, è un complimento. Pare voglia dire: “non sei qualcosa da buttar via alla prima occasione, appena vedo una felpa più nuova e più bella”. Rassicurante. Insomma, poi uno decide quale versione fa più comodo. Bon, sciolto questo nodo, passiamo alla solita carrellata di buone parole:

  1. Quando tu eri alle medie non c’era Internet, non c’era Fb, non c’era niente. [La penna d’oca? Le tavolette di cera? I rotoli di papiro? I graffiti rupestri? Ma quanto pensi che sia vecchia, io??]
  2. Non ti mordicchiare il labbro che lo deturpi! Poi è una delle cose più belle che hai!
  3. [parlando di allergie e intolleranze] Ma quindi quelli come Lei non si possono bere il latte di bue? [Mmmm…la vedo MOLTO difficile…]
  4. Siccome tu hai un punto di vista più BASSO del mio…
  5. Sono abbagliato! Ma non sei tu che mi abbagli…è il motorino!
  6. In chat. Io scrivo: “Sei uscito stasera?“, lui scrive: “No, sono uscito ieri“, io: “Allora sei a posto per un mese!“, lui: “S.usa, ma n.n c’. c.mpo…
  7. Non so se levarti l’amicizia e chiedertela di nuovo…
  8. Ormai mi ero dimenticato che tu esistessi…
  9. Che bene che stai controluce: non ti vedo!
  10. Si vede che sei abbronzata: ti si vede la linea bianca delle rughe.
  11. Io: “Nessuno si è mai lamentato della mia guida!” e lui:La gente è educata…

Comici in erba

In classe con le bestioline. Sento e ripropongo:

Allievo A, parlando con C dell’allieva B: “Sai, ha fatto un incidente, non si è fatta niente, per fortuna.”

Allievo C: “Ma cos’è successo?

Allievo A: “Ha preso in pieno un autobus.”

Allievo C: “Ah, e ha dovuto pagare il sovrapprezzo?

Allievo A, molto molto perplesso: “…… Per cosa?”

Allievo C: “Per la macchina quando ha preso l’autobus!

Un momento di silenzio per il senso dell’umorismo. La mia parte del cervello deputata alla risata-da-cosa-divertente, chiamata Apparato del Riso, è rimasta in sciopero per giorni. Le ho dovuto scrivere due lettere di scuse, prometterle di imolare l’allievo C alla prima occasione, mandarle una scatola di cioccolatini (che par poco, ma se uno ci pensa, non è una cosa cosi’ immediata) e stare sui ceci per delle ore. Alla fine l’ho convinta a ridere di nuovo promettendole di sniffare aspirina tagliata con le caramelle frizzantine (vedi foto). Ha funzionato con l’Apparato del Riso, ma non son sicura che basterebbe a placare l’ira del Senso dell’Umorismo. In effetti è stato un duro colpo. Per tutti noi. Ma non è finita. C’è di peggio: qualcuno in classe non l’aveva capita. Bisognava spiegarla. L’Apparato del Riso era già in sciopero e aveva mandato un chiaro segnale ai Neuroni del Sonno per fingere uno svenimento, ma la parte del Senso del Dovere si era messa in mezzo tenendo in ostaggio i Neuroni del Sonno, e iniziando un pistolotto infinito sul perchè non ci si possa tirare indietro, sul dovere didattico, sulla missione pedagogica, sul modello che si rappresenta, ecc. Dopo minuti di trattative con il Lobo Temporale, che aveva fatto notare la necessità di mantenere un lavoro per mangiare, che ormai si era fatta una certa, che mancava poco alla campanella e che c’era la pausa pranzo, i Neuroni del Sonno erano stati rilasciati in cambio della promessa di ripeterla solo una volta. E poi di non ripeterla mai più. A nessuno. Tuttavia, dopo la spiegazione, l’imprevisto: uno di loro mi guarda perplesso e mi dice: ‘Non l’ho capita.‘ Dopo un momento di panico, ricordo una barzelletta divertente e mentre l’Apparato del Riso è distratto, la rispiego. Nessuna reazione visibile. Ci rinuncio. Che poi forse il suo cervello è stato più rapido e intelligente del mio: scatto felino dei neuroni del non-ascolto-una-parola (forse i più attivi in quella classe) e il gioco è fatto. Beata gioventù…

Fattore M

So cosa state pensando: questa qua (cioè io) aveva promesso un sacco di post, decine di pagine piene di aneddoti divertenti, di continuare la saga UK, ecc. Invece siamo al 18 agosto e non si è vista l’ombra di un post. Manco due righe per augurare buone vacanze (vedi foto con fuoco d’artificio, che va bene anche a Capodanno…), una barzelletta, due foto simpatiche, un video di Youtube o almeno un post-it. Giusto. SAM_0699Capisco la vostra delusione. Il fatto è che non avevo considerato il fattore M(amma), colei che è in grado di trovarti delle cose da fare anche quando non è fisicamente possibile. L’equilibrista del vieni-qua-che-qualcosa-da-fare-te-lo-trovo. Qualunque cosa pur di non vederti un po’ tranquilla, a fare i fatti tuoi. Perchè secondo lei, se non stai facendo dei lavori domestici, stai ca**eggiando. E quindi ti deve occupare con lavori casalinghi che diventano di colpo improrogabili. Tipo:

  1. Puliamo gli armadi dove papà mette gli attrezzi da giardino. Giusto. Li pulisco oggi e domani sembrerà il terrario per le iguane. Ha molto senso.
  2. Aiuta papà che oggi toglie le ragnatele. E uno pensa: le toglierà in casa, no? No, quelle fuori. Ah, vabbé. Sono usanze.
  3. Ci sarebbero da togliere le erbacce in giardino. QUALE giardino??? Intendi la distesa di fango da cui emergono due (eroici) ciuffi d’erba? Se devo fare i fanghi, dopo pero’ voglio un massaggio. Io te lo dico…
  4. Una mia amica mi ha dato il quaderno delle ricette. Me le riscrivi al computer? Ti sembro un monaco benedettino?? Pure l’amanuense devo fare…
  5. Quando hai tempo ci sarebbero da trascrivere dei numeri nel mio cellulare. Con la variante: Mi scrivi un messaggio? (??) Io ti detto, tu scrivi e lo mandi. Mmmm…mi sento un po’ troppo qualficata per questo lavoro…

Solo per fare degli esempi. Ce ne sarebbero molti. Insomma, il fattore M occupa gran parte del mio tempo. Anzi, direi tutto. Sto scrivendo dal bagno. Con l’acqua della doccia che scorre. Non la terrà occupata per molto. Credo che il fatto di essere entrata con il pc l’abbia insospettita. Son furbi i fattori M, altrochè!

UK /1

Come sempre, cari aficionados, l’accoppiata sottoscritta-sorella dà sempre buoni frutti. Infatti, dopo la Saga delle Suorine e la Saga delle Terme, ecco un nuovo capitolo della categoria « In viaggio con S. ». S. non sono io, ma mia sorella, lo ricordo per i distratti. I nostri genitori han deciso di chiamarci tutte e due con l’iniziale S. Per anni ci siamo chieste perchè. Nel senso che non ti puoi neanche fare un corredo con gli asciugamani ricamati perchè le iniziali son le stesse. Par di no, ma son dilemmi metafisici quando esci dalla doccia e non sai quale sia il tuo asciugamano, allora ne prendi uno a caso e solo DOPO esserti asciugata scopri delle tracce organiche che non son le tue. Son traumi. Che stanno mantenendo la casa al mare del mio psicanalista. C’è anche da dire che mia madre, quando chiama ME dalle scale, segue una procedura. Ad esempio: «X (nome di mio padre) Y (nome della sorella di mia madre) S1 (nome di mia sorella) S2 (il mio nome)!» Il concetto è: chiamo tutta la famiglia, facendo un elenco [secondo me, di importanza, ma vabbé…], prima o poi il nome giusto salta fuori. Seconda situazione: «SSSSSSSS[prolungamento della consonante per decidere quale chiamare]….S1!». Terza situazione, con mia madre che chiama ME: «SSSSS…S1!! » e io: «Sono S2! Miseria, mamma! Per fortuna che hai due figlie e non dodici!» e lei: «Ma è che avete la stessa iniziale e mi confondo… ». Ma che? L’idea ve l’ho data io?? Ce l’avete avuta voi, eh?? Quanto alle motivazioni, me le immagino cosi’: «Perchè ricomprare un corredino nuovo? Scegliamo un nome con la S, cosi’ lo ricicliamo!» oppure «Metti che un giorno diventino famose, potrebbero chiamarsi le S&S o le 2S, no? » Certo SS è un po’ inflazionato…

In ogni caso, vi informo dell’inizio della saga UK, che dovrebbe avere un sei puntate. Ve le pubblico per la prossima settimana cosi’ avete qualcosa da leggere in spiaggia. Tanto io non vado più da nessuna parte. E ho un sacco di tempo da perdere.

L’aeroporto Venezia

Sono in coda per i controlli, arriva il mio turno e sento che l’addetto si rivolge ad un infante dietro di me: «Vuoi andare con la mamma?» Mi giro sorpresa. Mamma? Quale mamma? Fermi tutti. IO sarei la mamma?? Sorrido e dico velocemente: «Non sono io la mamma…» e il padre del bambino: «No, no, non è la mamma, ma volendo io la tengo volentieri, eh? » E ride ammiccando all’operatore. Alle sue spalle si sente sibilare: «Sono IO la mamma!!» Un uomo che vogliamo ricordare cosi’.

Mi aggiro un po’ per i negozi, poi vedo la coda per il controllo passoporti e mi accodo. Dietro di me un tizio con la figlia non capisce cosa deve fare e continua a lamentarsi:

  1. Ma me lo dovevi dire prima che c’era il controllo passaporti!
  2. Ma è per i passaporti! Io ho la carta d’identità! [No, dai, ma fai sul serio?]
  3. Ma noi dobbiamo andare al gate 23, dobbiamo andare sull’altra fila ! [Ossia, secondo lui, ognuna delle tre file create per il controllo portava ad un gate. Certo. Infatti i gate dal 21 al 32 sono appunto tre. Ma la coda in posta o in stazione non l’hai mai fatta??]
  4. Spegni il telefono che disturba i voli! Soprattutto il WIFI… [??]
  5. Siamo bloccati. Quella fila è meglio. [Ogni cinque minuti]
  6. Ma perchè lasciano tutto quello spazio e non vanno avanti? [Parlava della linea di cortesia.]
  7. E quella dove va? Perchè supera tutta la fila? [la figlia gli fa notare che si tratta di una hostess o di un pilota, visto che ha una divisa] No, forse un pilota! Una hostess cosi’ brutta non è possibile!

Finalmente riesco a imbarcarmi e arrivo in areoporto a Gatwick. Devo aspettare l’autobus e mentre aspetto vedo due ragazze che fanno stretching davanti a me, per poi improvvisare quello che sembrava taiji, ma non sono un’esperta. Ognuno si occupa come crede. Esco all’esterno e vedo due ragazzi fumare sotto il cartello del divieto, con l’area fumatori a dieci metri. Ribelli dentro. O molto pigri. Segue momento surreale tra due ragazzi italiani e l’autista dell’autobus. L’autista stava sistemando le valigie dei passeggeri quando li ha visti sgattaiolare su. Li insegue dicendo: “Hey! Dove andate? Non potete salire! Devo vedere i biglietti prima…” e quelli, perplessi: “Eh, non ce li abbiamo!” e l’autista: “E volevate salire lo stesso ?” e loro, tranquillamente: “Si’!“.  Quello sospira e spiega che li vedono comprare, dove, ecc. Mentre se ne vanno, uno dice all’altro: “Ma tu lo sapevi che bisognava comprare il biglietto?”. Cioè, fatemi capire: secondo voi l’autobus è gratuito? Ma vi pare possibile? Ma ce la fate?? E mi scopro a volere intensamente la nazionalità ucraina.