Il coinqui(lino)

Essendo passato un po’ di tempo e non avendo ricevuto alcuna rappresaglia, do per assodato che né lo Stanziale, né il mio ex-coinquilino leggano questo blog e scrivo quindi la seconda parte con le caretteristiche del secondo, dopo aver già parlato del primo qui. Il mio coinquilino era quello che:

  • andava in giro solo in bicicletta e non predeva “i mezzi” perchè “è da BARBONI” e poi “costa un BOTTO”. 35 euro di abbonamento per un mese. Il prezzo di un giro di aperitivi con due amici, in pratica. E la barbona sono io.
  • quando ho chiesto le chiavi, mi ha minacciato: “Chiudi SEMPRE, ché se entrano i ladri, poi ti faccio pagare i danni. Ho un computer da 2000 euro!!“. Il mio costa 1500. Fammi piangere.
  • si lamentava che non buttavo la spazzatura (secco) e le chiavi della cantina le aveva SOLO lui. Manco fossero state le chiavi del caveau di una banca svizzera. Aveva un evidente problema con le chiavi. Oppure ci teneva la serra di rosmarino (si veda punto successivo). Alla fine, esasperata, le chiedevo al portinaio, che mi guardava con compassione.
  • si sfasciava di rosmarino e l’ho già detto. Mi fece tenerezza la madre che un giorno mi disse: “Poverino! Lo vedo sempre così stressato!” Signora, quello ride SEMPRE ed è MOLTO rilassato, si fidi.
  • un giorno mi disse, testuale: ‘Però! Ne bevi di vino!‘ riferendosi alle QUATTRO bottiglie di vino che stavo buttando e avevo bevuto nei SEI mesi che ero stata là. Ora, giovane, fammi capire: tu ti bevi una cassa di birra in tre una sera sì e una sera anche; torni venerdì e sabato devastato oppure fai una festa a casa, con il medesimo risultato, e mi dai dell’alcolizzata?? Ma metti giù quel rosmarino!

Infine, uno dei nostri ultimi dialoghi:

Io: “Senti, ma come facciamo per il rinnovo del mio contratto, che scade tra poco [di lì a due settimane]?

Lui: “Ah, sì, scusa, mi son dimenticato: ho trovato un altro e devi andar via.

A dicembre. A Milano.

Buon Natale anche a te!

Lo Stanziale

L’altro giorno mi ritorna in mente il mio coinquilino di qualche anno fa, che si contraddistingueva per una serie di particolarità, come quella di lasciare il bucato nella lavatrice per giorni. Avete presente la pubblicità che evoca una “intensa esplosione di freschezza”? Bene. Sostituite freschezza con “marcio”, “putridume” oppure “cadavere macerato nel guano dall’85” (un’ottima annata). Non ne ho mai parlato perché mi avrebbe potuto riconoscere, ma ormai son passati anni e poi mi leggete in quattro gatti, due coccodrilli, un orangutan, due piccoli serpenti e un’aquila reale, il gatto (un altro), il topo, l’elefante. Se becco quei due infami dei liocorni…

Insomma, mi è tornato in mente lui (ne riparleremo), ma soprattutto lo Stanziale. Chi era costui? Era un amico del mio coinquilino, che viveva sul nostro divano. Alcune sue caratteristiche:

  • si vestiva solo da Armani. Ora, capisco tutto, ma con due magliette e un jeans ti saresti pagato l’affitto di un monolocale. Perché non farlo? Eh? Che aveva di speciale il nostro divano? C’era l’entrata della Bat-caverna? Ci aveva dormito la Bella Addormentata o quella pigna in cu*o della Principessa sul Pisello? Si trasformava, tipo i Transformers, e insieme andavate a salvare il Mondo?
  • stava con una che abitava in un altro Paese e che era la sua fidanzata ufficiale. Nel contempo aveva un’amante, Angela (nome di fantasia), che si faceva mantenere dal fidanzato in un altro appartamento e pare pretendesse che lo Stanziale le pagasse alcune cose per le sue “attenzioni”. Mantenuta al cubo. Lo voglio fare pure io, cavolo! Tra l’altro, un giorno sento dei rumori sospetti e scopro che si tratta di Angela e del mio coinquilino che si intrattengono in camera sua. Ah. Quando capiscono che sono in casa, il gelo. Vabbé ragazzi, ma secondo voi, IO mi scandalizzo?? Finché non vedo cadaveri o animali, di sicuro non mi stupisco. Il dubbio che in quella stanza ci fossero dei cadaveri, visto l’odore pungente, mi è venuto più di una volta.
  • ad un certo punto ha invitato la sua fidanzata a stare da noi. Giusto! Uno accampato in salotto fa barbone, due fa subito tendenza. Dal terzo in su, sei Andy Wahrol e vivi a New York.
  • si sfasciava di rosmarino con il mio coinquilino e lo spacciava anche, secondo me. Ogni volta che arrivavo a casa mi trovavo con gente nuova che diceva di essere amica sua. Tutti che dovevano fare l’arrosto. Strano. Non avendo prove tangibili, non li ho mai denunciati alla Cannamela. Tuttavia, una sera sono rientrata e si sentiva l’odore dall’androne condominiale. Praticamente un’autodenuncia. Da quel momento ho anche capito perché ai miei studenti stavo tanto simpatica.
  • girava in mutande o boxer. Ora, capisco e tollero tutto (vedi sopra), ma posso decidere IO cosa voglio vedere al mattino quando mi sveglio??
  • mi raccontava sempre aneddoti interessanti. Ad esempio, una volta si era fatto prestare la macchina da un amico e, non essendosi accorto dell’alt della Polizia, era stato inseguito e quando, alla fine, si era reso conto della loro presenza, aveva inchiodato, facendosi tamponare. Un’altra volta, lui e i suoi amici si erano fatti sbattere fuori da un locale perché troppo rumorosi. “Beh?!“, direte voi. Era una discoteca.
  • non aveva la patente perché gliela avevano ridotta a brandelli dopo un incidente in cui aveva investito una persona sulle strisce. Si era giustificato dicendo: “Vabbé, ma quella è sbucata fuori dal nulla e non andavo forte! Poi mica è morta, dai!” (pausa) “Sì, è stata in coma un paio di mesi, ma poi stava meglio di prima!“. Me lo immagino.

Scherzi a parte, era davvero gentile e, senza ironia, una brava persona. Infatti a me stava molto simpatico e aveva il pregio di essere gentilissimo. Inoltre ci puliva casa ogni due settimane per sdebitarsi e preparava da mangiare al mio coinquilino. E io, pur di non far le pulizie, avrei ospitato in casa anche un branco di lupi.

ATTENZIONE: vorrei che questo testo fosse inviato agli inquirenti, nel caso di un mio improvviso e inaspettato decesso. Tra l’altro, visto il mio attuale stato di salute, se si nascondesse dietro una porta e ne uscisse urlando “Buuu!”, non credo che sopravviverei. Ma non vorrei dare idee a nessuno. Vorrei invece una morte fantasiosa, tipo quella di Eschilo, che è morto perché un’aquila gli ha tirato in testa una tartaruga. Pare che le sue ultime parole siano state: “Mentre cogli l’attimo (carpe diem), occhio alle tartarughe!“. Insomma: pensateci su. Nessuna fretta.

Haters

Scrivo su questo blog dal 2012 e di cose ne son successe e di cose ve ne ho raccontate. Eppure… Eppure mi manca qualcosa. Qualcosa che renda il mio blog completo. Qualcosa che mi faccia capire che ho un posto nell’Universo. Mi mancano gli haters. Gli haters sono quelli che non ti han mai visto, né conosciuto, ma qualunque cosa tu dica, la troveranno offensiva e si sentiranno in dovere di insultarti e criticarti. Gente che nel cervello ha solo questo personaggio: Disgusto. Poi secondo questo principio: “[Gli Odiatori professionisti] non ti amano, ma controlleranno la tua pagina religiosamente” (vedi foto), avro’ più visulizzazioni e, cosa da non sottovalutare dovendo fondare il Pigianesimo, la gente religiosa mi diventa fondamentale. Ne vorrei un paio. Ne bastano un paio. Giusto per darmi un tono. Davvero. Mi servono. Ve lo giuro, mi servono. Il mio blog vive di ‘complimenti’. Chi meglio degli haters? Vi faccio un esempio.

Nel 2011 lavoravo all’Università e quindi capitava spesso che fossi chiamata per far parte della commissione preposta agli esami. Avete presente quelli che stanno di fianco al professore e quando quello chiede qualcosa si scatafasciano per eseguire? Bene. Io ero quella che stava seduta a fissare il vuoto. Ogni tanto facevo un paio di domande, davo un voto parziale e tornavo a fissare il vuoto. Un lavoro che poteva fare anche un gatto. Ovviamente gli studenti mi amavano. Questo è il giudizio pubblicato su un sito studentesco dell’epoca che parlava di come superare il nostro esame:

Le due vere “carogne” sono gli assistenti che interrogano sui manuali. Il tipo alto e magro è abbastanza umano: fa domande precise, ma non è particolarmente pignolo. La ragazza invece è a dir poco insopportabile: antipatica, fa domande tutt’altro che ovvie e, cosa peggiore, è stretta di voti da star male. Andrebbe abbattuta.
Per chi avesse dubbi, non sono alta e magra. Sconfortata da questo giudizio pieno di odio (e mi ricollego al discorso degli haters), cerco conforto nei miei amici, che commentano:
  1. Comunque non stento a credere che le ragioni di quello studente siano fondate…
  2. Beh, il commento sulle ‘domande tutt’altro che ovvie’ prendilo per un complimento.
  3. Beh, lo studente avrebbe anche potuto dire: il tipo alto e magro e quella bassa e chiatta…
E quindi? Niente, i miei amici sono quelli che fanno scappare gli haters. Come fanno a fare i disturbatori con gente cosi’ sulla piazza? Troppa concorrenza, dai! Ma, cari odiatori seriali, non siate timidi, non vi blocco e non vi elimino. Ve lo giuro. Siete comunque migliori dei miei amici. Al massimo usciamo insieme e vi offro una birra, insomma.
Perchè parlo di queste cose proprio oggi? Perchè a Natale siamo tutti più buoni, ci vogliamo bene, ecc. Volevo fare quella alternativa. Buon Natale!

Darwin & hypo(thetical) evolution / parte seconda

Continua la carrellata dei Casi Umani. Ne ho scritti circa una settantina. Questa cosa andrà avanti per un po’. Rassegnatevi. Al limite ripassate a trovarmi tra un mesetto circa, quando li avro’ esauriti. O loro avranno esaurito me. Vedremo chi vincerà.

  1. Lo scusante. Lo studente che non ha fatto i compiti per i motivi più disparati. Categoria estremamente diffusa, lo scusante arriva a resuscitare e far morire parenti a piacimento, fingere malesseri gravissimi che possono arrivare a peste e colera nello stesso giorno; incolpare amici, parenti e conoscenti di aver preso il suo quaderno per farne usi vari e disparati (tipo la nonna che prende il quaderno come supporto per scrivere la ricetta di una torta e poi se ne appropria indebitamente); giocare la carta del «Ero assente» perchè nell’era digitale diventa complesso contattare qualcuno per sapere se l’insegnante abbia dato dei compiti; dire di non averli capiti anche se si tratta di inserire in frasi precostituite il verbo essere e avere, con tanto di specchietto sovrastante; affermare che l’insegnante si sia inventato dei compiti immaginari. Ma non sarebbe più logico che un docente, dovendo immaginare qualcosa per forza, scegliesse un soggetto più interessante?? Tipo una villa con parco o una vacanza al mare, piuttosto dell’esercizio numero 4 a pagina 16?? Dai, sul serio! Non è credibile!
  2. Il piccolo chimico. Quello che, avendo creato una montagnola di briciole di carta e preso in giro dall’insegnante, risponde in maniera curiosa. Professore: «X, se sfreghi una penna sul maglione, sai che i pezzetti si sollevano? Si chiama carica elettrostatica.» e lui, pronto, ci prova. Prende la penna, la sfrega sul maglione e appoggia il maglione sui pezzettini, dicendo, sconsolato: «Ma guardi! Non funziona!». Forse perchè dovevi usare la penna?
  3. Il giocatore. Quello che di nascosto gioca con il cellulare a una partita di qualcosa, ma che quando perde impreca ad alta voce o si agita quando sbaglia, facendoci sapere come sta andando il suo match. Interessante.
  4. Il plateale. Lo studente che sbadiglia facendoci sapere come stanno le sue tonsille. Ogni due minuti. Ancora un po’ e gli faccio un check up completo.
  5. La volpe. Lo studente che durante una lezione, alla domanda: «Cosa stai facendo?», risponde: «Sto ricopiando il libro di testo». Alla successiva attonita domanda: «Perchè?», risponde: «Per la tesina. Perchè se è scritta a mano, non si capisce che l’ho copiata!». L’insegnante lo guarda e gli fa notare: «Scusa, ma chi è che ti corregge la tesina?» e lui, pronto (perchè questa la sa): «Lei!». Ecco. Fatti due conti. Torno tra un po’, eh? Fai con calma.
  6. Il sovversivo. Lo studente a cui viene dato il compito di timbrare i fogli e che non deve fare altro che separare i fogli, timbrarli e formare dei pacchetti da dieci. Il sovversivo pero’ non ci sta e per continuare la protesta nei confronti di un sistema che giudica oppressivo e opprimente, decide di timbrarli al contrario. L’unica spiegazione. Oppure non sa neanche timbrare.
  7. L’elfo di Babbo Natale. Lo studente che ruba i regali finti da sotto l’albero di Natale finto e poi li regala ai Professori, a turno, affermando con il sorriso: «Guardi, è vuoto, ma è il pensiero che conta, no?». No.
  8. Lo smemorato. Lo studente che non si ricorda a che ora siano le lezioni oppure che entra in classe e vedendo tutti separati esclama: “Ma c’è compito oggi? Ma quando l’ha detto??”. Una settimana fa, quando ho anche dettato gli argomenti e quando TU – si’, proprio tu, grandissimo pi**a – hai detto: “Nooo!! Prof, ma è troppa roba!! Non ce la faro’ MAI a studiarla tutta!!”. Vedo che hai mantenuto la parola.
  9. Lo stordito. Lo studente che, dopo un compito, chiede, stupito: ‘Ma di che materia era?’. Il che ci fa capire che l’hai fatto veramente bene. Cosi’ ti vogliamo: sempre bello concentrato!
  10. Il cocci(ut)o. Lo studente che, alla quindicesima volta che l’insegnante pone la stessa domanda, ancora non sa rispondere. Non vuol dare soddisfazione.
  11. Il cantante. Quello che è talmente felice di venire a scuola che canta canzoni prese da repertori diversi. Da Non sono una signora di Loredana Berté, a Don Raffaé, a Certe notti di Ligabue, a Sul cappello, noto canto alpino, a vari cori da stadio, a Nuvolari di Lucio Dalla, alla Vecchia fattoria con tanto di versi di animali, alla meno nota Sotto questo sole dei Ladri di Biciclette, per arrivare al momento mistico-religioso della classica Ave Maria o di Andrò a vederla un dì. Proprio di questi giorni una novità: la corale. La canzone è partita spontaneamente dal fondo della classe, con un sacrilego e scorretto “Susanna, eh! Susanna, eh!“, in un crescendo, per finire con tutta la classe che, con le mani alzate e vibranti, cantava a squarciagola sulle note della più nota canzone religiosa. Ecco, ad un certo punto uno è quasi tentato di dire una cosa tipo: E adesso, cari fratelli, il canto 2 a pagina 10 del libretto“. Ma si trattiene.

La signora con il boa

Salgo sull’autobus 73 per andare a Linate e circa a metà tragitto sale una signora anziana, vestita in modo sgargiante, che sembrava uscita da Mio Mini Pony, con tanto di boa di struzzo viola (vedi foto). La accompagnano due cagnolini, a occhio due maltesi, ma non garantisco. Questa sale e si piazza di fianco ad un signore in sedia a rotelle, attaccato con le fibbie contro lo schienale apposito. Ad un certo punto scatta la rissa tra i due perchè la signora non sa dove mettersi (?!) e si lamenta che il signore la urti. Segue dialogo surreale:

La signora: Ma insomma! La smetta di spingermi! Dove vuole che vada? Il posto è quello che è, sa? Ma guardi che Lei mi fa ben ridere, eh?

Il signore: Signora, dove vuole che vada IO?

La signora: Non c’è bisogno di usare quel tono! Basta spostarsi un pochino da là!

Tutto l’autobus sbarra gli occhi in contemporanea e a me viene in mente questo film:

Il signore: Non posso, Signora, non mi posso spostare. Non so, vuol prendere Lei il mio posto?

La signora: Ma che discorsi! Con questa storia che siete sulla sedia a rotelle state sempre là a menarcela che siete dei poverini e avete sempre ragione voi e noi vi dobbiamo star qui a fare gli inchini!

La conversazione vira poi al volgare da entrambe le parti. Seguono insulti di vario tipo. Il signore scende, con la signora che continua ad inveire e a lamentarsi del fatto che questi in sedia a rotelle se ne approfittano e fanno i prepotenti. Nessuno le dà corda e la ignorano tutti bellamente. Ma la signora non demorde per un bel pezzo. Tutti guardano per terra per non incrociarne lo sguardo. Sembra l’interrogazione di storia a sorpresa del lunedi’ mattina. Comunque questa si siede e si mette a parlare con i cani, chiamandoli ‘Amore’ l’uno e ‘Tesoro’ l’altro. Li informa poi di quanto loro siano migliori degli uomini, di quanto gli uomini siano cafoni, ignoranti, cattivi, ecc. Poi si butta sulla politica: gli Italiani sono degli idioti, perchè non solo hanno votato Renzi, ma anche Napolitano. Ecco, brava. Il sistema elettorale italiano, vedo che lo conosciamo benissimo, eh? Mentre lei vaneggia, io penso a quei poveri cani. Poracci davvero. Altro che vita da cani! L’inferno canino è questo: sentire questa che parla tutto il tempo. Un po’ come correre dietro ad un bastoncino o a un osso in eterno. Ad un certo punto sale una signora con un bambino e la signora con il boa se ne interessa subito cercando di avvicinare uno dei cani alla carrozzina. Sospende uno dei cani sopra l’infante e la madre sposta la carrozzina. Quella si offende: ‘Guardi che non gli fa mica male, eh? Guardi che ha più malattie il suo che il mio, sa?‘. Spetta, spetta, spetta. Ha paragonato il suo cane al bambino della signora? Sul serio? La signora scende la fermata dopo. La conservazione della specie è sempre una priorità. Quella continua a parlare con i cani. Spero che scenda presto, ma conforta uno dei cani dicendo: ‘Amore, me lo dovevi dire che avevi sete! (Signora? Guardi che è un cane!) Adesso come si fa? Abbi pazienza: tra pochi minuti arriviamo in areoporto!‘ Sempre troppi questi minuti. Nel tragitto la signora cerca di litigare con altre due persone, che tuttavia non le danno soddisfazione. Se ne esce chiedendo a una signora: ‘Ma è vestita da Carnevale? Ma che bel vestito!‘. Quella, vestita normalmente, con due figli in maschera, non le mette le mani addosso per un soffio, ma la incenerisce con lo sguardo. Che poi parla una vestita che neanche Loredana Berté?? Ci riprova con un signore: ‘Non dia una pedata ai miei cani! Non ci provi neanche! Guardi che se tocca i miei cani, le do’ io una pedata che se la sente per giorni!‘. Quello la guarda stranito, a circa un metro di distanza e chiede: ‘Ma parla con me?‘ e quella, inviperita: ‘Si’, con lei! Non faccia finta di niente! Non si permetta di dare una pedata ai miei cani! Altrimenti ne do’ una io a lei! Ha capito? Eh? Ha capito?‘. Quello si sposta di un due metri buoni scuotendo la testa. Finalemente arriviamo a destinazione. Vorrei scendere al più presto, ma dovendo passarle davanti, preferisco tergiversare in modo che scenda prima lei che, nello scendere, trova modo di insultare la maleducazione di quelli che non la fanno passare perchè lei aveva due cani. 

Quindi, ricapitolando: in circa venti minuti di tragittto ha litigato con: un signore in carrozzina, una mamma con bambino, una signora con i figli e un altro signore. Direi che potrebbe essere un record. C’è chi pensa di avere una missione nella vita. Questa ha come missione di compere l’anima al prossimo. E ci riesce benissimo.