AVVERTENZA: Questo post è la storia originale del precedente: Il treno magico, che è la stessa vicenda, solo reinterpretata in chiave fiabesca. Potete leggere l’una OPPURE l’altra o, in alternativa, leggerle entrambe. Dipende da quanto tempo avete da perdere.
Un soleggiato giorno di giugno sto aspettando il treno per Udine e sento che è stato indetto uno sciopero per l’aggressione di un ferroviere avvenuta a colpi di machete a Milano. Nessuno dà loro torto, capiamoci, ma a me resta il problema di non sapere se arriverà o meno il mio treno. Non resta che consultare il tabellone cartaceo degli orari per trovare eventuali alternative al mio regionale. Mentre son concentrata nel capire perchè diamine debbano stamparli in modo cosi’ complicato e piccolo, mi sento chiamare da una ragazza, che mi chiede da dove parta il treno per Belluno. Lo fa in un italiano stentato, essendo straniera, e mi dice di aver cercato il numero di binario sul monitor, ma di non averlo trovato. Guardo anch’io e non c’è. Consultiamo il tabellone cartaceo e per quell’ora nessun treno, dopo, solo festivi. E oggi c’è pure sciopero. Cerco di spiegarle, ma non capisce. Inglese? Francese? No, solo rumeno. Va bene. Le dico di prendere il biglietto e di andare allo sportello. L’unica soluzione. Il mio treno viene annunciato. La accompagno in biglietteria, che ha la fila delle grandi occasioni, e spero che ce la faccia. Mentre mi allontano e son quasi sul mio binario sento l’annuncio: “L’autobus sostitutivo XYZ per Belluno, previsto in partenza alle 9 e battelapesca, partirà con quindici minuti di ritardo dal piazzale PROSPICENTE la stazione.” Giro sui tacchi, la trovo in coda, le busso sulla spalla e le dico di seguirmi. Si fida. Le faccio vedere l’autobus, mi dice di no con la testa, che non ha il biglietto e dove puo’ comprarlo. Le dico che va bene quello che ha. Non si fida. Ok, aspetta che chiedo. Segue dialogo con l’autista:
IO: “Scusi, è questo l’autobus sostitutivo per Belluno?”.
AUTISTA: “Parte tra un quarto d’ora!”.
IO: (Ok, oggi la gente fatica a capirmi.) “Si, va bene, ma è questo?”.
AUTISTA: “Si’!”.
Mi giro verso la ragazza, le dico deve prendere quello, che c’è solo l’autobus, nessun treno. Mi fa vedere di nuovo il biglietto. Le dico che va bene, che è giusto. Poi chiedo conferma.
IO: “Il biglietto del treno va bene, vero?”.
AUTISTA (un po’ scocciato perchè forse sto facendo troppe domande): “Si’! Ma ha obliterato?”.
IO: (dopo conferma) “Si’, ha obliterato. Puo’ salire?”
AUTISTA: “Parte tra un quarto d’ora!”.
IO: (ok, a questo punto c’è un grosso problema di comunicazione e quindi scandisco le parole) “Va be-ne. Ma puo’ sa-li-re?” [credo anche di aver fatto dei gesti per farmi capire, con due dita che risalivano il palmo della mano, ma non ne sono completamente sicura]
AUTISTA: “Si’!”.
La ragazza mi ringrazia mille volte prima di salire e mentre sale, l’autista le chiede: “Ha obliterato?”, quella si gira verso di me con gli occhi del gattino di Shrek e confermo io. Mentre corro a prendere il mio treno mi sento più buona. Lo so, mi lodo da sola, ma mi ha fatto piacere aiutare qualcuno. Salgo in carrozza e mi siedo. Solo allora rifletto sulla vicenda e constato che:
- La cosa più importante è che avesse obliterato, cioè pagato. Non ne do’ colpa all’autista, che era un po’ ruspego, ma magari era perchè gli hanno fatto una testa tanta su quelli che non pagano. Magari questi poveracci li tartassano talmente con queste storie, che quando hanno ospiti in casa non li fanno entrare se non mostrano il biglietto o quando la moglie è in bagno bussano alla porta dicendo: “Guardi che è inutile che si nasconda in bagno! Se non ha pagato il biglietto, guardi che chiamo la Polfer!” e se quella dentro si lamenta ricordandogli di essere la moglie, quello continua dicendo: “Non mi interessa chi sia lei! Io non faccio favoritismi a nessuno!”
- La cosa meno importante era fornire delle indicazioni adeguate, che non c’erano visto che io non le ho capite. E sono italiana. Nell’ordine: il treno / autobus non era indicato su nessun monitor in stazione; nel tabellone cartaceo c’era (l’ho visto in seguito e ho capito che la ragazza mi aveva dato un orario sbagliato, motivo per il quale non l’avevo trovato) un simboletto indicante un autobus [vi faccio notarel’enorme differenza tra i due simboli]; non è stato annunciato e non sarebbe stato annunciato se non fosse stato in ritardo; l’annuncio è stato dato solo in italiano, con buona pace dei turisti e del fatto che Belluno sia in montagna e che fosse giugno, cioè piena stagione turistica. Infine, usare parole come PROSPICENTE e OBLITERARE, anche se si tratta di termini tecnici, metterebbe in difficoltà anche la zia Pina, che ha fatto solo la scuola dell’obbligo, o la maggior parte della gente che con le Ferrovie non ha a che fare tutto il tempo, figuriamoci chi l’italiano lo conosce appena.
- La cosa ancora meno importante era essere gentili con qualcuno che EVIDENTEMENTE non parla italiano. Parlo io per lei perchè lei è timida??
- Quando parlo, nessuno capisce quello che dico. Sta diventando un problema non da poco.
Concludo: ma devo prendere un treno o fare un percorso vita? No, sul serio. Secondo voi devo superare una serie di prove per poter prendere un treno? Ci fate una selezione? Solo i migliori ce la fanno? E cosa vinciamo? Ritardi cosi’ frequenti che quando arriviamo con dieci minuti di ritardo, ci sembra un bel risultato? Temperature proibitive (caldo infernale o freddo polare)? Viaggi in piedi stipati come mazzi di asparagi che non piacerebbero neanche a vegani masochisti? Carrozze sporche dove non ti siedi per paura di prenderti l’influenza spagnola, che è degli anni ’20 e quindi contemporanea alla costruzione del treno? Luci intermittenti con effetto stroboscopico che neanche in discoteca? Finestrini e porte che non si aprono dandoti quel simpatico senso di claustrofobia e permettendoti di rispolverare il rosario, nella speranza che serva a fare in modo che non ci sia nessun incidente? Insomma, se questi sono i premi, la prossima volta un mazzo di fiori sarebbe più gradito, grazie!